L'età romana in Valcamonica
La stagione della Storia
Secoli di contatti ed interscambi con culture vicine prepararono le comunità camune ad accogliere la "superpotenza internazionale" del momento, i Romani, in piena corsa espansionistica.
La necessità di controllare le possibili vie di transito da parte di invasori nordici (il sacco di Roma ad opera dei Galli era ben presente nella memoria), unita al bisogno di proteggere il dominio padano dalle incursioni predatorie di alcune popolazioni alpine, Camuni compresi, indusse i Romani a penetrare militarmente nell'arco alpino, per assoggettarne i territori. Dopo precedenti infiltrazioni, il 16 a.C. segnò la fine dell'autonomia camuna e, con essa, la fine della preistoria in questi luoghi.
La relativa rapidità con cui Roma riconobbe ai Camunni crescenti diritti civili lascia intendere che ad essi non dispiacque troppo l'assorbimento nel più vasto universo controllato dai Romani, i quali in realtà garantirono alla Valle pace e prosperità per tre abbondanti secoli.
Punto nevralgico di controllo dell'area camuna fu una nuova città, di impianto tipicamente romano, la Civitas Camunnorum (interamente celata sotto l'odierna Cividate Camuno), dieci chilometri a Sud di Naquane.
Il contatto con una civiltà come quella romana sopì la tradizione incisoria, peraltro già affievolitasi negli ultimi due secoli prima di Cristo. Si assopirono gli incisori di pietre, per risvegliarsi in periodici guizzi di orgoglio dal Medioevo fino al recentissimo passato. Entro il solco dell'ideologia cristiana, penetrata faticosamente in Valle in un arco secolare, cambiarono i segni e i significati, non le rocce, né i millenari gesti sacrali.